Quando i lettori riscrivono le storie, Orlando ed altre questioni sul racconto, l'autore, il giudizio

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Elos
view post Posted on 24/10/2013, 10:02




quando i lettori riscrivono le storie
Orlando ed altre questioni sul racconto, l'autore, il giudizio



Diciamoci la verità, sono prevenuta.
Sono prevenuta dal giorno in cui mi sono trovata tra le mani - grazie a quei giri misteriosi e meravigliosi che i testi, le fotografie, la musica, le immagini e i pensieri fanno sulla Rete, giri come tracciati di una penna impazzita su una mappa costruita attorno ad un lungo codice di possibilità - un articolo di Elena Stancanelli, autrice, tra le altre cose, di Benzina, collaboratrice del giornale La Repubblica.

Questo non è il posto giusto per parlare di fanfiction(s...?). Limitiamoci, perciò, a citare Wikipedia, riportando che:
"Una fanfiction o fan fiction (abbreviamo comunemente in fanfic, FF o fic) è un'opera scritta dai fan (da qui il nome) prendendo come spunto le storie o i personaggi di un'opera originale, sia essa letteraria, cinematografica, televisiva o appartenente ad un altro medium."
Invito alla lettura della pagina di Wikipedia in lingua inglese sull'argomento per un migliore approfondimento, con più riferimenti ed un'analisi storica più interessante e completa.

L'articolo di Stancanelli comincia da Orlando, dal Don Giovanni, comincia dal momento in cui un lettore appassionato - e a sua volta scrittore - si trova tra le mani una storia che non sente completa, non sente piena, non sente finita, e così scrive, scrive, scrive, aggiunge e modifica, riparte da zero, aggiunge personaggi (o li toglie), aggiunge eventi (o li toglie), opera con forbici ed ago: ed il vecchio racconto diviene nuovo, così, un nuovo racconto, un nuovo libro.
Stancanelli non cita Odisseo - trasportato di opera in opera attraverso i secoli e le lingue, cambiando e mutando come l'eroe duttile che era stato nelle mani di Omero - e non cita Artù, non cita la vasta e sfumata tragedia greca, non cita il Medioevo e quel che il Medioevo ha fatto degli eroi della tradizione classica: ma Orlando e Don Giovanni sono due buoni esempi, tutto considerato. Dopotutto, tutti conoscono l'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto - ma non tutti sanno che Orlando, prima, era stato Innamorato nelle ottave di un altro autore.

Fin qui, tutto nella norma. Tutto ragionevole e molto sensato. Ma poi si scende solo di qualche riga...

"Quello che però oggi si intende per fan fiction è un vero e proprio genere paraletterario, esploso con Internet ma che ha le sue radici nella contemporanea ossessione del fan rispetto al suo idolo."

(E.STANCANELLI, Fancition: se i lettori riscrivono le storie, "La Repubblica", 06/05/2013



... e il tono apparentemente moderato dell'articolo vira decisamente nel campo dei giudizi - e che giudizi! - con una facilità, una leggerezza, che mi hanno lasciata perplessa sin dalla prima volta in cui mi sono trovata con il testo dello stesso (digitalmente parlando) tra le mani.
Sorvoliamo sull'uso e abuso del termine paraletteratura - accenno solo, brevemente, al fatto che, andando a chiedere solo alcuni mesi fa di essere seguita nella mia tesi di laurea da un eccellente professore, docente di Critica Letteraria e Letteratura Comparata, mi sono sentita dire che il concetto di paraletteratura ha perso di presa all'altezza degli Anni Ottanta - perché richiederebbe un esame a parte. Sorvoliamo anche sull'evidente mancanza di conoscenza della materia trattata che l'autrice dell'articolo mostra nell'adoperare termini stranieri e non nei contesti sbagliati (di nuovo, rinvio all'articolo; non sarà difficile per nessuno dotato di una connessione internet - e di un po' di pazienza da ricercatore - rintracciare a cosa mi sto riferendo); sorvoliamo, infine, sulla mescolanza di elementi di cultura popolare che poco hanno a che vedere gli uni con gli altri, se non ad un osservatore superficiale e disinteressato.
Continuiamo a scendere, invece, scendiamo:

"È evidente che senza Internet le fan fiction per come si intendono oggi non esisterebbero. Paradiso degli incontri non gerarchici, tempio globale della religione che abolisce autorità e diritto d' autore, nella rete tutti siamo uguali e tutto è di tutti. In questa anarchia estetica, dentro la quale sono stati cassati qualsiasi timore reverenziale e pudore rispetto alla competenza, chiunque diventa autore senza particolare vergogna. Queste maldestre prove letterarie, che proposte a un editore volerebbero dalla finestra in un attimo, vengono custodite in siti specializzati e divorate avidamente da quel tipo di persona che compra su eBay la chewingum masticata di Britney Spears. "

(E.STANCANELLI, op.cit.)



Non so neanche da dove partire. Da dove, da dove? Dal paradiso degli incontri non gerarchici? Sono lieta di scoprire un giornalismo che si fa portavoce dei sistemi di incontri gerarchici, specialmente in campo culturale. Lietissima di scoprire che la Rete è sede di una religione senza autorità (non è un delicatissimo ossimoro, questo?). Infinitamente lieta, poi, di scoprire la necessità di un timore reverenziale rispetto alla competenza letteraria.
Il timore reverenziale è quello che porta a non leggere. Il timore reverenziale è quello che porta nelle aule universitarie davanti a professori che parlano di Autori, con la A ben maiuscola, da contrappore a tutti gli altri, autori, scribacchini, macchiacarte e sprecapenne, che meglio avrebbero fatto - evidentemente - a darsi all'ippica. L'Autore, il Poeta, il Sommo. L'Opera. Il Romanzo. Il Poema. Non si legge più: si venera.

Non veneriamo gli autori. Non veneriamo lo scrittore. Non facciamone più di quel che è: non c'è bisogno di cercare di più, lo scrittore è già molto così com'è.
Lo scrittore è narratore, creatore di storie, creatore di universi e di mondi e di spiegazioni, lo scrittore è un viaggiatore, lo scrittore è l'anarchico per l'eccellenza, il dittatore di luoghi senza geografia, chi stende le mappe e i confini. Il bisogno di raccontare è tra i primi bisogni umani, tra i primi impulsi, forse tutto quel che ci differenzia (ora che lo specchio e l'umorismo paiono essere stati riconosciuti come non esclusivi del genere umano) da ogni altra specie animale: le mitologie non nascono sotto forma di ragionevoli spiegazioni scientifiche e profonde analisi filosofiche, ma come racconti, leggende, storie da passare di bocca in bocca e poi per iscritto, perché le storie sono il modo in cui la mente afferra il mondo. Raccontiamo storie ai nostri bambini. Le rileggiamo quando diveniamo grandi. Siamo vecchi e cerchiamo storie, ancora e ancora, in ogni forma, in ogni mezzo.
La lettura è un piacere, una gioia. Non c'è venerazione nella gioia. La lettura non è un tempio: non richiede sacerdoti, non ha bisogno di prescrizioni e precetti.

C'è una differenza tra i racconti buoni e i racconti cattivi? Leggiamo Cicerone per le sue orazioni e sappiamo dai suoi contemporanei che le sue opere poetiche erano derise in ogni dove. Facciamo classifiche di autori importanti e autori meno importanti, Leopardi prima di Monti e Monti prima di Metastasio, o il contrario, le antologie e le letterature sono piene del dibattito sull'argomento. Abbiamo perso nei secoli molto di quel che è andato scritto in ogni tempo e che in qualche modo non è stato abbastanza, non è stato sufficiente, per arrivare fino a noi. E' sempre accaduto. Sospetto continuerà ad accadere sempre.
C'è una differenza tra i racconti buoni e i racconti cattivi - ma certo questa differenza non è data dalla pubblicazione o meno nel mezzo cartaceo. A volte, non è data neanche dal giudizio dei critici. Dopotutto, nessuno scorda quel che un certo cardinal Ippolito (uomo di fine cultura e politica) disse ad un certo Ariosto, una certa volta, parlando a proposito di un certo libro.



Tutto questo per dire come e perché sono prevenuta; come e perché stamattina mi sia trovata tra le mani un altro articolo della stessa autrice su un argomento che, tutto considerato, può ritenersi affine; e come e perché, arrivando alle righe finali, mi sia venuto in mente proprio quel tal cardinal Ippolito e quelle che la tradizione ci ha trasmesso come parole sue.
"[...] Forse quello che negli ultimi 15 anni ha fatto capire l'editoria digitale, peraltro utilissima, è che i libri non spariranno mai. E non per l'odore della carta o il fruscio delle pagine o altri sentimenti più o meno vintage. Ma perché oggettivamente funzionano meglio degli ebook. Provate a leggere un romanzo di 500 pagine su uno schermo, provate ad andare avanti e indietro con le pagine: troppo difficile. Provate a immaginare biblioteche intere senza copertine: impossibile."

(E.STANCANELLI, Il panico digitale che fa più belli i libri, "La Repubblica", 21/05/2013)



flyer-1903"Gli uomini non voleranno mai," disse Milton Wright. "Il volo è una prerogativa degli angeli."
 
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