Il migliore dei posti possibili, The Big Four - Caro Babbo Natale...

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Elos
view post Posted on 12/1/2014, 17:48




La faccio breve, perché ho una parete da tinteggiare e una storia di 500 parole si è trasformata inaspettatamente in 4700 parole e 7 pagine di roba. x°°°D Giuro che non volevo.
Teoricamente, è costruita in maniera tale che ad un brano di 200 parole con il punto di vista di Rapunzel se ne accompagni uno eguale con il punto di vista di Hiccup... in realtà, ho appena realizzato che non avviene questo per la prima coppia di brani.
E la verità è che non l'ho neanche riletta, per ragioni di tempo, e quindi potrebbe esserci scritto, be', di tutto. O_O Giuro che passerò a correggerla domani.

Per adesso, scritta per l'iniziativa Caro Babbo Natale... indetta da Pseudopolis Yard, e dedicata a kuma_cla.
Spero fosse quel che volevi, e che non ti deluda.
Tanti auguri (in ritardo),

Marta.

kuma_cla aveva chiesto:
The Big Four ossia il crossover Le 5 leggende/Rapunzel/Brave/Dragon Trainer: qualcosa sulla coppia Jack/Rapunzel o Hiccup/Merida o tutti insieme. Qualcosa, insomma. Perché come per Avatar, nessuno si fila il fandom e io soffro.



Il migliore dei posti possibili



C'è un posto dove Flynn Rider non è mai arrivato.
Il diciottesimo compleanno di Rapunzel è passato così senza luci, con un accompagnamento di minestra di nocciole ed un contorno di polvere di conchiglie con cui dipingere altri soli sul soffitto della sua torre, altri cieli che sarebbero solo ad un tetto di distanza, in effetti, se non fosse che per Rapunzel il tetto è un'infinità, il tetto è insuperabile, non c'è modo di passare oltre il tetto. Rapunzel dipinge e cucina e legge, ricama e cuce e dipinge e scrive e dipinge e dorme e la giornata scivola via come tutti gli altri giorni, ogni giorno, ogni santo giorno, così per tutta la vita.
Le luci, la notte, riempiono il cielo. Se si affaccia dalla finestra, riesce a vederle anche dalla torre: ma sono solo stelle, a questa distanza, e le stelle non si possono toccare, non si possono seguire, le stelle non hanno una storia come sono le storie degli uomini. Il cielo di Rapunzel è lontano come è lontana la terra, cento piedi di lontananza che potrebbero anche essere tre miliardi, per tutta la differenza che fanno.
Il diciottesimo compleanno di Rapunzel passa come non fosse accaduto.

C'è un posto dove Astrid non ha capito.
E, tutto considerato, Hiccup se l'era aspettato. Ha avuto sei mesi con una gamba sola e con Astrid alla sua sinistra, vicina abbastanza da poterla toccare: bastava allungare una mano. Sei mesi con una gamba sola e con due ali e una coda, e ci sono cose che le ali non possono compensare – correre e il peso che si distribuisce equamente, bilanciato, la sensazione della scarpa e del calore e della caviglia e delle dita che si flettono, nuotare senza che il grasso della giunzione di metallo venga lavato via e la gamba cominci a cigolare, ballare, saltare, tutte cose che con un piede di ferro non si possono fare – ma niente vale la sensazione del vento che soffia sul pelo delle nuvole.
Hiccup costruisce ginocchia di metallo, code di pelle, protezioni per la faccia – a Berk nevica per nove mesi l'anno, piove quando non nevica e quando non piove si gela, Hiccup gradirebbe conservare il proprio naso attaccato lì dov'è ancora per un po', grazie tante – e redini e selle e una protesi migliore per la mano di Skaracchio.
Queste sono cose che Astrid può capire: sono cose per Berk e cose per i nuovi draghi di Berk, e sono cose che hanno un senso nel mondo. Il giorno in cui Astrid smette di capire è quello in cui Hiccup le mostra le sue nuove ali – due, di pelle, come la coda di Sdentato, perché in qualche modo è questo che gli serve per seguire Sdentato, per non essere lasciato indietro.
Così, dovrebbe essere una storia lunga, ma si può rendere breve: sei mesi più tardi Hiccup ha ancora una gamba sola, e quattro ali e una coda, ma non ha più Astrid alla sua sinistra.

C'è un posto dove nessuno chiamato Flynn Rider è mai arrivato, e il diciottesimo compleanno di Rapunzel è passato come non fosse accaduto. L'estate è gocciolata via senza peso, l'autunno l'ha seguita in scivolata e l'inverno si è insinuato dalle finestre con un tocco di spifferi gelidi e condensa sui vetri. Rapunzel tira fuori le babbucce e gli scialli e Madre le porta sacchetti di foglie secche che spandono un odore denso di cannella e chiodi di garofano: lasciate a galleggiare in una tazza, tingono l'acqua d'oro e le danno un sapore dolce.
La neve arriva presto, e con la neve arriva il vento che lava il cielo, lava via le nuvole, fin dove arriva lo sguardo: le prime stelle cominciano ad apparire sempre prima, la sera, e prima appare la luna del pomeriggio. Le lune d'estate sono rosse e quelle di primavera hanno una pallida sfumatura d'argento, ma la luna d'inverno è bianca come le lenzuola sul letto di Rapunzel, più bianca del bucaneve, e nel cielo limpido appare insieme stranamente vicina e irraggiungibile, come se qualcuno ci avesse messo un vetro in mezzo, tra la terra e la luna, per tenerle distanti.
Rapunzel aspetta – per tutta la vita, aspetterà per tutta la vita, la torre e Madre la tengono al sicuro e così Rapunzel aspetterà per tutta la vita, e ci sono mattine in cui il pensiero è tagliente e come marcio, un piccolo pensiero-scheggia dai bordi sozzi che le lasciano incisioni e infezioni sul cuore – e aspetta e aspetta, bollendo tisane, annodando scialli, dipinge, cucina, legge, ricama, cuce e dorme, dorme moltissimo, ore intere, giorni interi, certe volte; dormire fa scappar via prima le giornate, e non c'è un buon motivo per star svegli, dopotutto, niente per cui valga la pena di alzarsi dal letto.
E Rapunzel aspetta. E aspetta e aspetta: fino al mattino in cui si sveglia e si alza e la torre è più fredda del solito. Scende le scale e quasi scivola sul ghiaccio che riveste i gradini, attraversa la torre battendo i denti e stringendosi nello scialle e poi vede le finestre e smette di respirare per un po', così, con il fiato sospeso e gli occhi grandi.
Tutti i vetri sono coperti da un ricamo di ghiaccio che è così fine da sembrare una trina, intricato come i ricami sulla veste di Madre Gothel, e ci sono disegni di fiori e di lune, su quel ghiaccio delicato, fiori e lune e nuvole tonde: la vetrata è come un gioiello, così, umido e tanto freddo da farle dolere le mani, bello da far male al cuore.
Rapunzel tiene le mani sulla finestra e respira pianissimo per non far sciogliere il ghiaccio in acqua – il suo fiato come una nebbia tiepida e bagnata, le lascia le labbra zuppe, arrossate, il naso infreddolito – e pensa che è la cosa più bella del mondo, questa. Bella quanto le luci che riempiono il cielo del suo compleanno, più bella ancora delle stelle.

C'è un posto dove Astrid non ha capito e lo spazio a sinistra di Hiccup è rimasto vuoto.
Lo spazio vuoto è un po' come la gamba mancante: certe volte passa per la testa di Hiccup il pensiero di qualcosa che gli piacerebbe che Astrid sapesse, ma quando si gira e la cerca è come allungare la mano sotto la coperta quella prima volta e scoprire che non c'è più nulla più in basso del suo ginocchio.
Gli abitanti del villaggio si sono fatti improvvisamente molto gentili con lui: avevano cominciato ad apprezzarlo davvero dopo l'isola dei draghi, dopo Sdentato e la gamba persa e il resto, ma adesso Hiccup ha l'impressione, certe volte, che gli camminino tutti intorno in punta di piedi, parlandogli con la medesima cautela che si riserva generalmente alle passeggiate sui gusci d'uovo.
Comincia l'inverno di Berk e il buio scende sull'isola: nove mesi di buio, nove mesi di gelo, e Hiccup ricorda che una volta erano nove mesi di noia. Ci sono poche cose da fare per uno scricciolo ossuto alto un metro e quaranta, quando vivi in un villaggio dove il passatempo principale è il tracannare alla goccia e le risse di gruppo sono considerate il garbato equivalente locale dei giochi di società.
Adesso, però, l'inverno significa Sdentato che vola radente sul mare nero, sopra il ghiaccio delle isole del nord, sotto le nuvole e il cielo gelato. Attorno a Berk c'è un oceano che Hiccup non aveva mai visto, e l'arcipelago che circonda il suo villaggio è poco più che uno schizzo di terra, così, cosa da poco.
La notte, Hiccup comincia a disegnare una mappa. Così tante cose da vedere, dice a suo padre, così tante cose, lontano da qui. Suo padre – che di giorno è il capo del villaggio e di notte è quell'uomo impacciato che si toglie l'elmo e che cerca di seguire i discorsi di Hiccup, stentatamente, ostinatamente, perché è una vergogna e un onore e una gioia essere un padre che conosce meno di quanto conosca suo figlio – lo aiuta a tracciare i confini sulla mappa; gli insegna a calcolare le distanze e a riconoscere le isole dai bordi, come individuare i tratti di mare che vedono di frequente la tempesta e come scegliere i passaggi sicuri. Non parla mai di Astrid, Stoick, ma Hiccup sa che c'era stato per sei mesi il sogno vaghissimo della moglie di suo figlio, bella ragazza dall'ascia svelta, e di quel pat pat di potenziali piedini leggeri di nipotini che sarebbe stato magnifico sentire in giro per casa.
Stoick, be', Stoick si era sposato giovane. Giovanissimo. Aveva avuto quattordici anni e sua moglie ne aveva avuti sedici ed erano stati felici, insieme, felicissimi, anni pieni di luce anche d'inverno.
La mappa di Hiccup si riempie di isole, e di mare, e delle terre oltre il mare che non conoscono l'acqua. A nord è una terra di ghiacci perenni, ma a sud, be', a sud...
A sud deve esserci il sole.

C'è un posto dove nessuno chiamato Flynn Rider è mai arrivato, e il diciottesimo compleanno di Rapunzel è passato come non fosse accaduto: ma poi è venuto un mattino in cui le finestre si sono coperte di ghiaccio, e c'erano fiori, lune e nuvole, su quel ghiaccio, una trina ingioiellata che trasformava la luce dell'alba in ricami.
Rapunzel ha pensato di dirlo a Madre – non è previsto che il ghiaccio faccia così, non è mai accaduto prima, Madre vorrebbe di certo saperlo, Madre si preoccupa, Madre ha paura per Rapunzel e Madre protegge Rapunzel – ma il pensiero del merletto di ghiaccio le toglie ancora il fiato, il freddo e la luna e la neve, tutto insieme sulle vetrate della sua torre. Madre vorrebbe saperlo. Madre saprebbe cosa fare.
Il sole scioglie il ricamo. Rapunzel trascina una sedia di fronte alla finestra e osserva i disegni farsi acqua, gocciare sui vetri, tracciare linee umide come lacrime verso il basso.
A sera, si lascia pettinare i capelli da Madre e le canta la sua canzone e guarda il suo viso farsi liscio come una perla. Madre è bellissima. Madre saprebbe cosa fare.
Lo stesso, Rapunzel tiene il segreto per sé.

C'è un posto dove Astrid non ha capito e lo spazio a sinistra di Hiccup è rimasto vuoto; c'è una mappa dove le terre del sud cominciano a prendere forma e ci sono coste, su quelle mappe, che sono verdi anche in inverno, coste che Hiccup ha visto in lontananza, coste che fanno pensare che da quelle parti il sole splenda per più di tre mesi l'anno.
Stoick mette Astrid a capo della nuova pattuglia di sorveglianza di Berk – una pattuglia a cavallo di draghi – e, il giorno in cui tutto il villaggio si ferma per festeggiare, Hiccup si siede accanto a suo padre e gli chiede perché non io? Glielo chiede senza rancore, perché le sere in cui Stoick si toglie l'elmo e si siede con lui sono sempre di più e durano sempre più a lungo, e Hiccup ha dato via una gamba per il suo villaggio, Hiccup li ha salvati tutti.
Hiccup non ha più bisogno di dimostrare niente a nessuno.
Stoick lo guarda per un po', prima di rispondergli:
“E' quello che vuoi?”
Tutto sommato, decide Hiccup, no.
Berk è Berk, ma fuori c'è un oceano, un mondo, spalancati di fronte a lui.

C'è un posto dove nessuno chiamato Flynn Rider è mai arrivato, e il diciottesimo compleanno di Rapunzel è passato come non fosse accaduto: ma poi è venuto un mattino in cui le finestre si sono coperte di ghiaccio, e c'erano fiori, lune e nuvole, su quel ghiaccio, una trina ingioiellata che trasformava la luce dell'alba in ricami. Rapunzel non lo ha detto a Madre.
Tra il panico e la delizia, i ricami di ghiaccio riappaiono il mattino dopo, e quello successivo, e quello dopo ancora. Sono fiori, sono lune, sono stelle, sono nuvole e alberi ingemmati, cristalli perfetti di neve.

C'è un posto dove Astrid non ha capito e lo spazio a sinistra di Hiccup è rimasto vuoto; c'è una mappa dove le terre del sud cominciano a prendere forma e ci sono coste, su quelle mappe, che sono verdi anche in inverno, coste che Hiccup ha visto in lontananza, coste che fanno pensare che da quelle parti il sole splenda per più di tre mesi l'anno. Berk è Berk, ma fuori c'è un mondo spalancato per Hiccup.
E:
“Potresti partire,” gli dice suo padre. “Per completare la tua mappa.”
Hiccup pensa che sia quello, ciò che vuole.

C'è un posto dove nessuno chiamato Flynn Rider è mai arrivato, e il diciottesimo compleanno di Rapunzel è passato come non fosse accaduto: ma poi è venuto un mattino in cui le finestre si sono coperte di ghiaccio, e c'erano fiori, lune e nuvole, su quel ghiaccio, una trina ingioiellata che trasformava la luce dell'alba in ricami. Rapunzel non lo ha detto a Madre e adesso i cristalli tornano ogni mattina.
Riempiono le finestre di gioielli e la torre di luce e danno a Rapunzel una buona ragione per alzarsi: trascina una sedia davanti alle vetrate e traccia con le dita il regalo che le porta il ghiaccio; a mezzogiorno, il sole trasforma la trina in acqua e Rapunzel la lava via dal pavimento perché Madre non si accorga di niente.
Una notte, si siede nel mezzo della torre, guarda le finestre e aspetta. Aspetta per un po' senza che succeda niente; ma, quando la luce della luna comincia a riempire la stanza, il vetro si appanna, le assi del pavimento scricchiolano per il freddo improvviso.
Il ricamo di ghiaccio sembra disegnarsi dal nulla. Quando al mattino Rapunzel va a guardarlo da vicino, alla luce del sole, c'è un nome scritto tra i fiori e le lune.
“Jack Frost,” legge Rapunzel, piano, una prima volta, e poi più forte: “Jack Frost.”
La sera successiva, la torre si riempie di farfalle di neve, piante e cascate di ghiaccio e di luce lunare che trasformano la notte in bellezza. Rapunzel guarda, e guarda, e guarda, e pensa che non si potrebbe mai essere sazi di qualcosa così.
E' una cosa viva, pensa, con le mani posate sul ghiaccio, tra le farfalle danzanti che le lasciano le dita gelate, il fiato mozzo.
E' viva, viva.
Io sono viva!

C'è un posto dove Astrid non ha capito e lo spazio a sinistra di Hiccup è rimasto vuoto; c'è una mappa dove le terre del sud cominciano a prendere forma e ci sono coste, su quelle mappe, che sono verdi anche in inverno, coste che Hiccup ha visto in lontananza, coste che fanno pensare che da quelle parti il sole splenda per più di tre mesi l'anno. Berk è Berk, ma fuori c'è un mondo spalancato per Hiccup.
Così, Hiccup parte.
Ha un sacchetto pieno di pane e una borraccia d'acqua dolce; due coperte in una borsa e una spada alla cintura, l'elmo in testa, una pelliccia di suo padre sulle spalle. Stoick gli fa cucire calzoni di cuoio robusto e stivali nuovi e resta accanto a Sdentato mentre Hiccup si issa in sella.
“Starai bene,” dice Stoick.
Sdentato arriccia le labbra e Hiccup sorride:
“Sicuro.”
La nostalgia arriverà lungo la strada, pensa, ma c'è Sdentato con lui, Berk solo ad un volo di distanza, tutto un mondo di cose da vedere.
Il primo giorno di viaggio lo porta su un gruppo di isole che conosce già. Pescano in una buca nel ghiaccio, lui e Sdentato, e si sdraiano sazi al riparo di una grotta. Il secondo giorno il cielo si riempie di nuvole e li costringe ad atterrare su uno spuntone di roccia nuda; ma Sdentato alza un'ala e Hiccup ci si rannicchia sotto. Al caldo, al sicuro, sente il cuore di Sdentato battere.
Il terzo giorno, il quarto, il quinto. Le terre che sorvolano sono terre nuove, ora, ogni luogo una scoperta. Scivolano quasi senza accorgersene su un'isola verde come sono verdi le estati, vasta come il mare, e ad Hiccup occorrono due giorni di volo per accorgersi che non è un'isola, quella, no. E' terraferma.

C'è un posto dove nessuno chiamato Flynn Rider è mai arrivato, e il diciottesimo compleanno di Rapunzel è passato come non fosse accaduto: ma poi è venuto un mattino in cui le finestre si sono coperte di ghiaccio, e c'erano fiori, lune e nuvole, su quel ghiaccio, una trina ingioiellata che trasformava la luce dell'alba in ricami. Rapunzel non lo ha detto a Madre e adesso i cristalli tornano ogni mattina. E' così che Rapunzel scopre di essere viva.
E un giorno Madre arriva, trova la chiazza d'acqua per terra, le chiede cos'è questo, Rapunzel?, e Rapunzel, be'.
Rapunzel mente.
Non si può più tornare indietro da una cosa così, perché Rapunzel ha mentito e Rapunzel non mente mai a Madre e Madre vorrebbe saperlo – perché Madre protegge Rapunzel – ma la trina di ghiaccio e il nome e la luna nella sua stanza rendono felice Rapunzel, la rendono piena, sazia, viva di qualcosa che non credeva di poter avere, e Rapunzel non può smettere di volerne, avida e ingorda di vita e di luce e di cose che vengono da fuori e che colmano la torre.
Chiama la sera Jack Frost e le vetrate divengono un arazzo di ghiaccio e di luna, le stanze piene di conigli danzanti, bucaneve fatti di luce nei quali può far passare le mani, lastre gelate sulle scale dove può scivolare, pattinare. Ride e le sembra di poter respirare per la prima volta: di poter tirare il primo, vero respiro della sua vita, ingoiando il vento freddo e la neve.
Un mattino, la torre è coperta di frecce: sul pavimento, sulle pareti, sulle scale. Puntano tutte verso la finestra, fuori da lì.
Rapunzel rabbrividisce.
“Io non posso,” bisbiglia.
Le frecce non rispondono.
“Madre non vuole.”
Alle frecce non sembra che importi.

C'è un posto dove Astrid non ha capito e lo spazio a sinistra di Hiccup è rimasto vuoto; c'è una mappa dove le terre del sud cominciano a prendere forma e ci sono coste, su quelle mappe, che sono verdi anche in inverno, coste che Hiccup ha visto in lontananza, coste che fanno pensare che da quelle parti il sole splenda per più di tre mesi l'anno. Berk è Berk, ma fuori c'è un mondo spalancato per Hiccup, che parte, prende Sdentato e parte, parte e viaggia, vola sul mare, sulle terre sconosciute, e passa senza accorgersene su quel tratto di terra così vasto e verde da trasformare il mare in erba, l'inverno in estate.
Lui e Sdentato pasteggiano a pesci di fiume – sono più dolci di quelli di mare, e più viscidi e piccoli, ma Hiccup è abituato a pescare negli stagni e nelle pozze di Berk, non è niente che non abbia mangiato prima – e volano bassi per poter vedere tutto quello che le terre nuove hanno da offrire, le colline e i laghi azzurri e la terra che è tanto verde da far male agli occhi, certe volte. Hiccup si tiene il sole dell'alba a sinistra e lui e Sdentato procedono dritti: ed è così che, quando un pomeriggio passano rasenti a un gruppo di rocce che sono le rupi più alte che Hiccup abbia mai visto, più alte ancora della grotta del re dei draghi, una freccia sibila loro così vicina da far drizzare i capelli in testa ad Hiccup.
Hiccup perde la presa sulle redini proprio mentre Sdentato sbanda e si gira sul fianco; Hiccup cerca di incastrare i piedi nelle staffe, ma la gamba di ferro sbatte a vuoto sulla sella e scivola senza fermarsi.
Con un grido, Hiccup precipita nel vuoto.

C'è un posto dove nessuno chiamato Flynn Rider è mai arrivato, e il diciottesimo compleanno di Rapunzel è passato come non fosse accaduto: ma poi è venuto un mattino in cui le finestre si sono coperte di ghiaccio, e c'erano fiori, lune e nuvole, su quel ghiaccio, una trina ingioiellata che trasformava la luce dell'alba in ricami. Rapunzel non lo ha detto a Madre e adesso i cristalli tornano ogni mattina. E' così che Rapunzel scopre di essere viva.
Quando i fiori e le lune e le nuvole si trasformano in frecce – tutte puntate verso il cielo, verso l'esterno, verso le terre dove la neve comincia appena a sciogliersi (sarà presto primavera e Rapunzel non ha il coraggio di pensare a come saranno le sue giornate quando non ci saranno più i disegni del ghiaccio a tenerle compagnia, le notti di freddo e di luna a darle un buon motivo per alzarsi e star sveglia) – Rapunzel vorrebbe poterle ignorare.
Deve ignorarle: Madre non vuole, Madre che la protegge e che l'ama, Madre che è Madre di Rapunzel, e Rapunzel non vorrebbe mai farle del male.
Le frecce tornano la sera dopo, e quella dopo, e quella dopo.
“Non posso,” dice Rapunzel.
“Madre non vuole,” dice anche.
E poi:
“Non è una buona idea.”
“Mi perderei.”
“Finirei per mettermi nei guai.”
“Madre si arrabbierebbe.”
“Madre lo scoprirà.”
“... quando lo scoprirà Madre...”
Quando lo scoprirà Madre, Rapunzel sarà già lontana. Può partire la notte. Con il buio. Può viaggiare di notte, restare al sicuro, seguire la luna. Può trovare la strada verso le luci che si alzano nel cielo d'estate. Può farlo.
“Non mi perdonerà mai,” bisbiglia Rapunzel. E' in piedi sul davanzale e guarda verso il basso: la terra sembra lontanissima, irraggiungibile, vista da lì. E' buio, ma c'è in cielo una fetta di luna bianchissima. Ha uno scialle sulle spalle e le sue babbucce più pesanti ai piedi – perché nessuno sarebbe così cretino da partire scalzo – e Pascal in una tasca. E' pronta come non sarà pronta mai più, e se adesso non trova il coraggio... se adesso...
Qualcuno le posa una mano sulla schiena, tra le scapole, e Rapunzel non ha neanche il tempo di girarsi e gridare e vedere chi è, cos'è, prima di venir spinta giù dal davanzale. Cade e si aggrappa ai suoi capelli mentre scivola giù: le bruciano le mani nell'attrito, ma dura solo un momento.
E poi, Rapunzel tocca terra.
Di notte, visto da lì sotto, il mondo è vestito d'argento. Il prato è freddo e silenzioso – ma niente è silenzioso com'era silenziosa la torre – e la terra scricchiola gelata sotto i piedi di Rapunzel.
Viva, pensa, viva. Essere vivi dev'essere così, al freddo, sull'erba, camminando nel mondo.
Si gira per guardare verso la sommità della torre: ed ha l'impressione, per un lunghissimo momento, di vedere qualcuno, lì in alto, che agita una mano bianca al suo indirizzo.

C'è un posto dove Astrid non ha capito e lo spazio a sinistra di Hiccup è rimasto vuoto; c'è una mappa dove le terre del sud cominciano a prendere forma e ci sono coste, su quelle mappe, che sono verdi anche in inverno, coste che Hiccup ha visto in lontananza, coste che fanno pensare che da quelle parti il sole splenda per più di tre mesi l'anno. Berk è Berk, ma fuori c'è un mondo spalancato per Hiccup, che parte, prende Sdentato e parte, parte e viaggia, vola sul mare, sulle terre sconosciute, e passa senza accorgersene su quel tratto di terra così vasto e verde da trasformare il mare in erba, l'inverno in estate. E' così bella, quella terra verde, che ad Hiccup quasi non dispiacerebbe finire per precipitarci sopra davvero.
“Scusa,” gli dirà la ragazza, mezz'ora più tardi. Mezz'ora è il tempo che è stato necessario a Sdentato per riacchiapparlo al volo, e a tutti e due per atterrare, ed alla ragazza dai capelli rossi per puntar loro contro un'altra freccia e...
Per farla breve, mezz'ora è il tempo che è stato necessario per chiarire a tutti che nessuno voleva mangiare nessun altro, lì, e nessuno voleva infilzare nessun altro, e non ci sarebbero state altre frecce lanciate e Sdentato non avrebbe cenato con nessuno. Davvero.
La ragazza con i capelli rossi ha una borsa piena di mele con sé: Sdentato le adocchia con vago disgusto, ma le mele sono rosse, sono dolci, sono piene e gonfie e grosse più della coppia unita dei suoi pugni chiusi. Hiccup non ne ha mai viste così, e affonda i denti nella polpa con gusto. Ci sono molte cose che si potrebbero perdonare a qualcuno, in cambio di una mela così.
“E' tutto a posto,” assicura alla ragazza dai capelli rossi. “Come non fosse mai accaduto.”
La ragazza porta un arco e una faretra ed una lunga gonna di un blu bellissimo. Hiccup non credeva si potessero fare delle stoffe di un colore così.
La ragazza ha anche occhi verdi com'è verde la terra, e non è veramente bella; ha il naso a patata e le orecchie larghe e troppi capelli rossi, è ossuta e sembra occupare un corpo preso in prestito. Hiccup crede di poterla capire: l'adolescenza era arrivata anche per lui come una sgradita sorpresa, allungandogli le gambe a tradimento e dandogli pezzi e necessità alle quali non aveva mai pensato prima.
“Così, un drago,” dice la ragazza.
“Uh, uhm. Già.” Sdentato gli pianta il muso contro un fianco e Hiccup si affretta a correggersi: “Io sono Hiccup, e lui è Sdentato. Sdentato, lei è...”
“Merida,” dice la ragazza dai capelli rossi – che non è veramente bella, ma ha gli occhi verdi come la sua terra e un arco in mano, e deve essersi arrampicata per raggiungere la cima della montagna, perché Hiccup non vede sentieri... ed ha sempre avuto un debole, Hiccup, per le ragazze così. “Puoi chiamarmi Merida.”

Il viaggio di Rapunzel scivola via senza incidenti: nessuno la porta in una taverna buia per metterle paura, non cammina accanto a un ladro ricercato, non incontra briganti, non incontra cavalli, non incontra le guardie. Non rimane mai chiusa in una grotta sott'acqua. Madre non riesce a trovarla.
Arriva alla città delle stelle che salgono quando l'inverno deve ancora finire: c'è la neve ai bordi delle strade – ma sparirà presto – e un cielo limpido che promette venti freddi.
Ed è presto, realizza Rapunzel. Troppo presto per le sue stelle. Troppo presto, troppo prima del suo compleanno, e non c'è nessuna vetrata, lì, che si possa riempire di trine ghiacciate, nessuna stanza da colmare di luna, nessuna Madre...
La mano che si posa di nuovo nel mezzo della sua schiena le permette di tirare un respiro profondissimo. Quando Rapunzel gira la testa, coglie la scheggia di un sorriso alla sua destra e niente di più.
“Avanti?” chiede.
La mano scompare.
“A nord,” decide Rapunzel.
Si lascia alle spalle la città dalle mura bianche e dai ponti alti, la città che è come una conchiglia affacciata sul mare; e, senza più avere paura, prosegue verso le terre dell'inverno.

“Merida,” ripete Hiccup. Sente di avere lo stomaco leggero, tutto ad un tratto, ed è una sensazione magnifica, sognante.
Sdentato gli assesta di nuovo una musata in mezzo alle scapole – perché Sdentato, a differenza di Hiccup, è dotato di un cervello – e Hiccup ritrova improvvisamente la voce: “Pensi che possiamo offrirti un passaggio verso casa?”
Merida lo guarda, guarda Sdentato. Guarda verso il basso. Il sorriso che si allarga sul suo viso tondo è una cosa ampia e divertita, scintillante:
“Sicuro.”
C'è chi non capisce, spazi vuoti da riempire, mappe da scrivere e coste che prendono lentamente forma, terre verdi e sconosciute dove il sole brilla per più di tre mesi l'anno e un mondo spalancato per Hiccup, Sdentato al suo fianco e una gamba di ferro che non serve più per ballare, forse, ma reggerà ancora il suo peso negli anni a venire, una ragazza dai capelli rossi ad un oceano di distanza, con un arco sulla schiena e le mani sicure, che si stringe a lui senza paura mentre Sdentato li porta a planare verso il basso.
Tutto considerato, avrà poi modo di dire Hiccup, forse era questo il migliore dei posti possibili.
 
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kuma_cla
view post Posted on 21/5/2014, 20:10




Arrivo in ritardo e davvero non me ne capacito: come ho fatto a non accorgermi della storia?
Comunque, andiamo per punti.
1) GRAZIE MILLE per aver soddisfatto la mia richiesta. Da quando un'amica mi ha introdotta al fandom dei Big Four, questi sono diventati quasi un'ossessione, soprattutto perché su efp le storie lasciano molto a desiderare. E non c'è niente di più frustrante che trovare solo ff di scarsa qualità. Dunque ti ringrazio tantissimo. Fai conto che quando ho scritto questa richiesta me l'ero già messa via, perché chi mai scriverà una storia sui the Big Four? E invece lo hai tu, che tra l'altro sei una delle mie autrici preferite *___*
2) La caratterizzazione dei personaggi è perfetta. Inoltre dai a tutti loro un tocco di malinconia che è sempre cosa buona e giusta. La cosa che ho preferito è stata come hai reso la solitudine di Rapunzel e Hiccup. Senza contare il rapporto genitore figlio che sei riuscita ad inserire in entrambe le vicende.
3) Le dinamiche della coppia Jack/Rapunzel mi sono proprio piaciute. Nelle ff in inglesi di solito lei è l'unica che riesce a vederlo e qui ho apprezzato il fatto che Jack sia rimasto invisibile e ciò nonostante si sia creato un legame tra i due.
4) La partenza di Hiccup e il suo incontro con Merida sono a dir poco perfetti, bellissimi *_____*
5) Il finale di entrambe le vicende che non è un vero finale, perché è ora che inizia la storia per Jack/Rapunzel e Hiccup/Merida: splendido.

Tirando le somme: grazie grazie grazie, hai scritto una storia bellissima.
Se le vorrai pubblicare su efp sappi che sono addirittura riuscita ad ottenere una sezione apposita.
Spero scriverai ancora sui the Big Four ❤️❤️❤️❤️❤️
 
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1 replies since 12/1/2014, 17:48   127 views
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