Fluffy, Per Pratchettando - Buon Natale, Pseudopolis Yard!

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Elos
view post Posted on 28/6/2015, 22:50




Fluffy



Sir Poe si schiarì la voce, appoggiò i gomiti sul tavolo, intrecciò la punta delle dita di fronte a sé e infine disse:
“Non sono certo di aver capito bene.”
C'erano molti posti nei quali Lord Bowden avrebbe preferito trovarsi al momento. Un nido di vipere, per esempio. Un nido di vipere sarebbe stata una locazione migliore. Oh, ehi, il fondo di un pozzo nero. Un granaio in fiamme. Ci sono molte cose sgradevoli che si possono dire su un granaio in fiamme, ma nessun granaio in fiamme verrà mai a dirti non sono certo di aver capito bene e, sicuro quanto la morte, non verrà a dirtelo in quel tono.
Lord Bowden si agitò sulla poltrona in cerca di una posizione più confortevole (non c'era. Nessuna posizione confortevole sulla poltrona di pelle di Sir Poe) e si ritrovò ad accarezzare con la punta delle dita, imbarazzato, l'orologio d'oro che gli pendeva dal taschino del panciotto e che era stato il regalo della brava gente di Growler's Creek per festeggiare i suoi primi vent'anni da borgomastro.
Fai il borgomastro, ti dicono. Fai il borgomastro, frequenterai posti nuovi e conoscerai gente interessante. Fai il borgomastro, oggi il borgomastro, domani il mondo. Non ti dicono mai che fare il borgomastro ti porterà l'ulcera, né che ti ritroverai in piccole stanze polverose seduto su grosse poltrone scomode con un mago dagli occhi lucidi che ti fissa e si aspetta che tu ti spieghi meglio.
Lord Bowden decise di prenderla alla larga.
“Desidero che sappiate,” cominciò, “che avere l'onore di ospitarvi a Growler's Creek è un...” Un piacere? Una gioia? Un... “... un onore. Un, un vero onore. Growler's Creek è, è onorata. Di potervi ospitare. Voi e i vostri studi. Ne siamo tutti, ecco...”
Lord Bowden agitò una mano ed annaspò un pochino e Sir Poe si premurò di suggerire, amabilmente:
“Onorati?”
“Onorati,” confermò Lord Bowden. “Precisamente. Onoratissimi.”
Lunga pausa di silenzio.
L'amabilità di Sir Poe doveva essersi esaurita tutta con quell'unico suggerimento; lasciò stavolta che il borgomastro si cuocesse a fuoco lento nell'atmosfera di crescente disagio per tre minuti buoni, prima di spronarlo, educatamente:
“E quindi...?”
Niente, non c'era altro da fare. Lord Bowden prese fiato e si tuffò:
“E quindi, Sir Poe, voi avete invero una cera eccellente.”
Lunghissima pausa di silenzio. Lord Bowden ebbe modo di ammirare, affascinato, la lentezza epocale – catene montuose si erano innalzate con quel ritmo – con la quale le sopracciglia del mago si inarcarono verso l'alto.
“E questo è...” azzardò Sir Poe, infine: “... male?”
“Certamente no.”
“In questo caso, borgomastro, io davvero non riesco a capire quale sia il problema.”
“La questione,” ritentò Lord Bowden, ansiosamente, “la questione è che la gente – voi sapete come sia la gente. La gente non può fare a meno di, di notare la vostra eccellente costituzione, sir Poe, e la maniera... l'ammirevole maniera con la quale portate i vostri, uh, uhm, il vostro secolo? Vi prego umilmente di perdonarmi, non sono certo di...”
“Centosette.”
Lord Bowden si interruppe, perplesso:
“Come dite?”
“Centosette anni,” spiegò il mago, con un piccolissimo sorriso. “Festeggiati in luglio.”
Il borgomastro poté praticamente sentire gli ingranaggi del proprio cervello che stridevano arrugginiti gli uni contro gli altri, sussultando e ripartendo con un miagolio sofferente.
“Centosette anni,” ripeté, la gola secca. E poi, quando il filtro che separava il cervello dalla bocca cedette per un momento, se ne uscì fuori con un: “Complimenti.”
Il sorriso del mago non mutò d'una virgola:
“Grazie.”
Sir Edgar Allan Poe aveva occhiaie profonde e violacee e una concrezione di rughe attorno agli angoli degli occhi, scuri e lucidi come il dorso di uno scarabeo. Portava i capelli pettinati da una parte, ma il riporto nulla faceva per nascondere la profonda stempiatura della fronte sporgente e il fatto che le ciocche bianche fossero più numerose e più fitte di quelle grigie; al contrario, gli oli o il grasso dei quali doveva fare abbondante uso gli lasciavano i capelli piatti e spenti. Il colletto rigido della sua camicia era impeccabilmente sbiancato, ma il fazzolettone bianco che portava annodato al collo era qualcosa che sarebbe potuto essere alla moda mezzo secolo prima.
In sostanza, quella era la faccia di qualcuno che si portasse malissimo i suoi sessant'anni. Certo, se gli anni erano centosette la questione cambiava.
Lord Bowden si umettò le labbra ed azzardò:
“Si può dire senza ombra di dubbio che non dimostriate i vostri anni, Sir Poe.”
“E' molto gentile da parte vostra, borgomastro.”
“No, voglio dire... che non dimostrate i vostri anni. Per nulla. Affatto.”
Qualcosa di peloso passò strusciando contro le caviglie di Lord Bowden: il borgomastro saltellò sulla poltrona, il cuore che gli faceva un balzo in petto e finiva ad incastrarglisi da qualche parte all'altezza del gargarozzo, e ritrasse in fretta le gambe, guadagnandosi un'occhiata di vaghissimo disprezzo da parte del grosso e grasso gatto rosso che stava passando in quel momento sotto alla scrivania.
“Fluffy,” ammonì il mago, agitando un dito all'indirizzo del gatto. “Non è ancora ora di cena.”
Fluffy – che aveva decisamente l'aria meno fluffosa che il borgomastro avesse mai visto addosso a un gatto – si limitò a strofinare il muso contro la gamba del padrone, languidamente, ed a balzargli in grembo: e da lì, avendo ottenuto la posizione dominante, si limitò a puntare un paio di perfidissimi occhi gialli addosso a Lord Bowden. Aveva una criniera di ciuffi lunghi che gli dava un'aria leonina ed una lunga cicatrice che gli attraversava il collo.
“Una brutta lite con un gatto selvatico, qualche... oh, qualche anno fa,” spiegò Sir Poe, accarezzando pigramente il gatto. “Il povero Fluffy ha avuto la peggio.”
E il borgomastro non voleva sapere quale specie di zannuto mostro fosse riuscito a provocare danni al povero Fluffy. Il povero Fluffy aveva l'aria di un gatto che mangiasse pane e alano per colazione.
Non potendo osservare nulla di tutto ciò ad alta voce, Lord Bowden si limitò ad emettere piccoli versetti di comprensione. Dopo un momento, il mago si schiarì la voce e suggerì:
“Mi stavate parlando della gente, borgomastro.”
“Oh. Oh! Sì. La gente. La gente, vedete, la gente parla.”
“Una sfortunata abitudine ma, a quanto mi dicono, non un'abitudine illegale.”
“Precisamente. Perciò, la gente parla. La gente parla molto.”
“Di me.”
“Uh, anche. Non precisamente. La gente parla...”
“Della mia eccellente costituzione.”
“Ecco, sì.”
“La gente parla della mia eccellente costituzione,” ripeté il mago. “E questo è un problema.”
Detto in questo tono suonava ancor più ridicolo.
Il borgomastro si tolse gli occhiali e cercò a tastoni il fazzoletto che aveva in tasca: senza le lenti, anche il mago era solo una forma sfocata a due piedi di distanza, e parlargli senza doverlo guardare dritto negli occhi era molto meno imbarazzante.
“Dovete capire,” disse, il tono vagamente disperato, “che il mio dovere nei confronti di Growler's Creek è prestare ascolto ad ogni voce. Devo ascoltare tutte le voci e per quanto io trovi, uh, per quanto io possa trovare...” Il borgomastro annaspò in cerca della parola giusta: “... bizzarre, ecco, bizzarre... certune di queste voci, nondimeno è mio dovere prestare attenzione.”
“E questo vi fa onore, ma io davvero non capisco cosa...”
“Si dice,” lo interruppe il borgomastro, fatto audace dall'imbarazzo, “che alcune vostre ricerche possano non essere pro-propriamente ortodosse.”
lluminata dalla lampada da tavolo – un antiquato modello a gas che spandeva una luce più gialla che bianca – l'espressione del mago parve farsi tutto ad un tratto marmorea.
“Ortodosse,” fece eco al borgomastro.
“O-ortodosse,” confermò Lord Bowden.
Le dita del mago affondarono nel pelame del collo del gatto; la bestia inarcò la schiena e cominciò a produrre un rumore di gola che aveva solo lontanissime attinenze con un suono di fusa e maggiori somiglianze con il rumore prodotto da una sega su un tubo di metallo arrugginito.
“E' un'accusa grave,” osservò Sir Poe, serenamente.
Il borgomastro sbiancò:
“Oh! Oh, no. No! Niente di tutto questo, nessuna... nessuna accusa, via, nessuna accusa. Questa non è una visita ufficiale, sir Poe, questa è solo un... una...”
“Una visita di cortesia?”
“Di cortesia,” confermò Lord Bowden, annuendo fermamente. “Esclusivamente di cortesia. Queste voci...”
“Quali voci?”
Bloccato a metà del discorsetto, Lord Bowden faticò ad ingranare la marcia:
“Come?”
Il mago gli rivolse un minuscolo sorriso:
“Non mi avete detto di che cos'è che queste voci mi accusano, borgomastro. Di aver avvelenato l'acqua dei pozzi? Maledetto bambini in culla? Prodotto filtri d'amore?”
Il borgomastro si umettò le labbra, due volte, prima di scuotere la testa.
“E di cosa, allora?”
Il borgomastro aprì la bocca di un soffio e bofonchiò qualcosa. Le sopracciglia del mago schizzarono verso l'alto:
“Non credo di aver capito.”
Il borgomastro parve rassegnarsi all'inevitabile:
“Di aver, uh... di aver... di esservi prolungato i-innaturalmente la vita, sir Poe.” E poi, poiché il mago si limitava a fissarlo e a non aprire bocca, Lord Bowden aggiunse: “Con mezzi magici.” E, dato che davvero non sembrava esserci modo di far uscire il mago dal suo stato di silenzio, si affrettò a spiegare: “Che sarebbe una pratica messa fuori legge dal, uh, Concilio di Odessa del 1845, insieme a, ehm, pratiche di ne-negromanzia, ricerche sull'Azoto e sulla Chrysopoeia e... uh...”
“E voi sapete, borgomastro, per quale ragione le suddette pratiche sono state messe al bando?”
Un minuscolo sorrisetto era apparso come dal nulla sul viso di Sir Poe.
“Onestamente, io non...”
“Perché si tratta di favole. Il fatto che siano favole durate per oltre tremila anni non le rende meno favole.” Il sorriso sulla bocca del mago pareva farsi più largo di secondo in secondo: “L'oro dal piombo. Parlare con i morti. Divenire immortali. E, giacché ci siamo, perché non la pace universale, bistecche gratis per tutti e burro che non causi problemi cardiaci, borgomastro? Sapete? Sono anni che non posso più mangiare del burro – il mio cuore non è più quello di una volta. Non dimostro i miei anni... volete il mio segreto, Lord Borgomastro? Molta frutta, molta acqua, molto esercizio. E niente burro.”
Il borgomastro aveva l'impressione che gli sarebbe stato possibile cuocere un uovo fritto sulle proprie guance. Sapeva di essere diventato orribilmente rosso e di non poterci fare niente e questa era la ragione per la quale non sarebbe voluto ve-venire a f-farsi sbeffeggiare. I pensieri di Lord Bowden tendevano a virare sul balbuziente quando era agitato.
“Vi prego di comprendere...” tentò, mortificato, “... non potevo esimermi dal fare il mio, il mio dovere nei confronti dei cittadini.”
“La cosa vi fa onore. E vi dirò questo – se può aiutarvi con le vostre voci: se avessi veramente scoperto il segreto della lunga vita, borgomastro, ora non sarei qui. Per quanto io apprezzi Growler's Creek, se avessi scoperto il segreto della lunga vita mi starei godendo una sontuosissima vecchiaia in una villa a tre piani a cinque minuti di distanza dal parco di St. James – perché sarei ricco, borgomastro. Terribilmente, vergognosamente, oscenamente ricco.”

Edgar Allan Poe scortò personalmente il borgomastro fino in fondo alle scale. Recuperò il suo cappello e il suo cappotto e fu la personificazione incarnata del gentiluomo inglese di perfette maniere: agitò una mano con aria vaga per dissipare ogni tentativo del borgomastro di scusarsi per il disturbo, veramente, nessun disturbo, sono i rischi del mestiere e sempre meglio dell'essere accusati di aver sacrificato una vergine, ahah. Poteva Sir Poe permettersi di invitare il borgomastro a cena il mercoledì prossimo? Sarebbe stato veramente imbarazzante rivedersi solo in occasione della prossima accusa di stregoneria nera.
La ritirata di Lord Bowden ebbe tutte le caratteristiche di una fuga ingloriosa e la porta si chiuse alle sue spalle con un clic seco.
Sir Poe salì le scale lentamente: alla sua età l'elasticità delle giunture era un ricordo del passato remoto e i gradini un affare da affrontarsi con la dovuta pazienza.
Fluffy gli passò tra le gambe quand'era ormai in cima alle scale e il vecchio mago emise un piccolissimo versetto di disapprovazione; quando rientrò nel suo studio, il gatto era già appollaiato in cima alla scrivania e lo aspettava.
“E' presto per uno spuntino,” commentò sir Poe, scuotendo la testa: ma poi tirò giù un sacchetto di bocconcini secchi da uno scaffale e ne versò una manciata in una ciotola. Fluffy si gettò sui bocconcini con la selvaggia eccitazione di una bestia che non vede cibo da sei mesi – malgrado il mezzo pollo bollito che si era spazzolato per pranzo.
“Da domani dieta,” disse il mago. Aveva il tono meno convinto che si fosse mai sentito: Fluffy, evidentemente perfettamente consapevole del livello di serietà della minaccia, si limitò ad ignorarlo.
Il mago si lasciò cadere pesantemente sulla sedia e tenne gli occhi sul gatto, le mani intrecciate di fronte al viso e i gomiti posati sulla scrivania.
Si era preso un bello spavento, sicuro, quando il borgomastro aveva tirato fuori la storia delle leggi di Odessa. Lunga vita! Immortalità! Era stato difficile mantenere una faccia da poker. Lunga vita. Ah! Soltanto un imbecille avrebbe cercato di prolungare la propria permanenza in quel limbo di dementi che era la Terra; qualunque cosa ci fosse ad aspettarlo dopo, Poe era relativamente sicuro che non avrebbe incluso macellai sporchi, vicine bigotte e pettegole e spazzini che strillavano in strada alle cinque del mattino. E borgomastri zelanti, certo.
Finito lo spuntino e ripulito doviziosamente il fondo, Fluffy parve perdere interesse nella ciotola. Si strofinò contro le gambe di Poe, prima di arrampicarglisi su per i pantaloni e di saltargli in grembo. Il mago prese ad accarezzarlo meccanicamente, le dita che trovavano in automatico la cicatrice sulla gola del gatto.
Avrebbe dovuto essere cauto, si disse. Venire accusato di aver prodotto elisir di lunga vita avrebbe potuto portarlo davanti al Concilio Reale; venire accusato di pratiche di negromanzia, invece, l'avrebbe condotto dritto dritto davanti al boia di Londra.
Resuscitare Fluffy era stata un'imprudenza, ma, oh, Fluffy. Fluffy.
Senza Fluffy, la vita non sarebbe stata degna d'essere vissuta.



***



Prima di tutto, roba tecnica. I promtps scelti sono stati: lo Studioso (personaggio), Immortality di lunarbaboon(fumetto) e "Naturalmente, questa è una forma di magia. [...] Conoscere le cose che gli altri non sanno." (citazione) + il bonus Originale Fantasy. E sono fiera di dire che la storia contiene più di 2000 parole. xD

Il progetto iniziale prevedeva di scrivere cinqua storie, una per ogni combinazione personaggio+citazione+fumetto, tutte più lunghe di 2000 parole e tutte ambientate in un universo fantasy differente.
In questo caso, l'ambientazione scelta è la gaslamp fantasy, dalla quale ha preso alcuni temi - la necromanzia, per dirne uno - e, vagamente, l'ambientazione.

Non ho fatto in tempo a scrivere tutte e cinque le storie entro la fine della settimana; ma, dato che sto cercando di riprendere vecchi ritmi di scrittura, cercherò di scrivere un racconto alla settimana fino a completamento della tabella.
 
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view post Posted on 28/6/2015, 23:35
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Signora delle Virgole

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Oh, cielo. :woot:
Primo: non vedo l'ora di leggere anche tutte le altre storie, perché tu sei tu e leggere storie scritte da te mi riempie sempre di gioia.
Secondo: SIR POE HA UN GATTO CHE SI CHIAMA FLUFFY! Un gatto che mangia "pane e alano" a colazione e che sembra Satana incarnato, tra l'altro! Come posso non amarti?
Sei un genio, e la meraviglia di storia che ho appena divorato è solo l'ennesima prova di questa grande verità universale. :wub:
 
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